Bambole Giapponesi: un AsSaggio indimenticabile.

Da quando ho letto il libro Bambole Giapponesi, di Rumer Godden, pubblicato da Bompiani quest’anno, qualcosa che si era assopito da un po’, si è smosso dentro di me.

Si tratta di una piccola perla pubblicata dalla casa editrice, da poco rilevata dal Gruppo Giunti, in una collana che gli calza a pennello, “AsSaggi.”

 

Bambole Giapponesi, di Rumer Godden traduzione di Marta Barone, Bompiani, 2017.

 

Il libro fa infatti venir voglia di tante cose, per primo di conoscere meglio la storia di Nona, una bambina di otto anni rimasta orfana, costretta a tornare in Inghilterra dall’India, paese che amava profondamente e che aveva sempre sentito come la sua CASA.

Di sapere di più delle due bambole giapponesi, simili ma diverse, Felicità e Fiore che dopo uno scomodo viaggio, arrivano tra le mani di Nona, come dono di una zia.

Ma anche di sapere di più sull’autrice, sulle tradizioni giapponesi e in particolare sulla storia e i riti che riguardano le bambole e i giardini, e su come si costruisce una casa adatta a loro.

Si tratta di un libro che uscì in Inghilterra nel 1961, illustrato da Jean Primrose e pubblicato da Macmillan.

 

Miss Happiness and Miss Flower di Rumer Godden, 1961, Illustrato da Jean Primrose.

 

L’autrice inglese, Rumer Godden, passò un’infanzia spensierata e gran parte della sua vita in INDIA, dove aprì una scuola di danza per bambini inglesi e indiani in cui lavorò per vent’anni con la sorella. Da adulta tornò a vivere in Inghilterra scrivendo opere teatrali, poesie e romanzi per adulti e ragazzi.

L’interesse per la letteratura per bambini la portò a scrivere molti libri per loro, e anche una biografia di Hans Christian Andersen, e a compilare un’edizione per bambini delle poesie di Emily Dickinson e a tradurre due raccolte di versi del poeta francese Carmen Bernos de Gastold.

E’ morta nel 1998.

 

 

 

 

A Letter to the World: Poems for Young Readers, Rumor Godden, Prudence Seward, Macmillan, 1968.

 

In italiano la Bompiani ha pubblicato Narciso nero, Il fiume e La bambina selvaggia.

Il titolo originale del libro è Miss Happiness and Miss Flower.

Bello, vero?

Io l’adoro e anche il libro.

Tanto.

E’ la storia come vi dicevo di Nona che nonostante la gentilezza degli zii che l’accolgono premurosamente nella propria casa, fa fatica ad ambientarsi e a convivere con i cugini, in particolare con Belinda, che si dimostra fin da subito gelosa della nuova arrivata e dal temperamento impulsivo.

Nona poteva ben capire come si sentissero le bambole, sradicate dal loro paese, il Giappone, senza una CASA accogliente.

“É strano e freddo. Lo sento dalla scatola, ” disse Fiore, e gridò:

“Nessuno ci capirà, nessuno saprà cosa vogliamo. Oh, nessuno ci capirà mai, ancora una volta.”

Motivo per il quale la bambina decide di costruire e arredare una CASA per bambole giapponesi.

Ma come? Dove trovare le istruzioni?

Con quali materiali? Con l’aiuto di chi?

A questo proposito i libri giocheranno un posto di primo piano.

“Nona non era sicura ma, come sapete, leggeva sempre, e forse in una storia che parlava di bambini giapponesi o in  un libro di geografia le era capitato di leggere…”

Ma non solo.

Ci vorrà un maschietto che non si spaventa di fare una cosa reputata a quei tempi da “femmine”, come costruire una casa delle bambole, un libraio che conosce il valore terapeutico dei libri e del gioco, e la complicità degli adulti.

 

Miss Happiness and Miss Flower di Rumor Godden, 2006, Illustrato da Gary Blythe.

 

Certo che sembrerebbe strana l’idea di costruire una storia su delle bambole così “strambe”,  che “non si siedono sulle sedie” e che vengono da lontano, da un altro paese con una propria storia e tradizioni, come la Festa delle Bambole, se non fosse che nel 1926, più di 12000 bambole occidentali vennero spedite dai bambini americani ai bambini giapponesi, come segno di amicizia. E, in segno di riconoscenza, 58 bambole ambasciatrici, vestite in bellissimi kimoni, arrivarono in America.

 

Shirley Temple con le bambole giapponesi, 1935.

 

In Giappone la tradizione legata alle bambole è antichissima e affascinante,  il 3 marzo di ogni anno si celebra l’Hinamatsuri, la Festa delle bambole o delle bambine. Le O-hina, bambole che indossano un kimono di seta, vengono posizionate su una piattaforma speciale a gradini.
In passato si pensava che queste fossero in grado di assorbire malattie e spiriti maligni e che attraverso una cerimonia detta hina-nagashi ( bambola fluttuante) venissero lasciate andare sul letto di un fiume, affinché portassero via ogni male e negatività e le bambine potessero crescere sane e belle.

 

Hina Matsuri 雛祭 or 雛祭り
Doll Festival, Girls’ Festival

Potete trovare nell’articolo che allego qui un bellissimo approfondimento sulle bambole giapponesi e sulla storia del libro.
https://kirakiraehon.com/2017/05/14/bambole-giapponesi/

Una bella storia dalla prosa garbata, chiara e scorrevole, di cui non voglio volontariamente svelare molto, che vi farà venire voglia di sapere tutto sul Giappone, sulla Festa delle Stelle, su come costruire una casa delle bambole e di leggere libri di viaggio.

Vi dirò solo che se come Nona, vi siete sentiti almeno una volta nella vita: perduti, soli, abbandonati e costretti a ricominciare tutto daccapo, se vi siete sentiti diversi, chiusi in un silenzio inverosimile rispetto all’energia chiassosa del mondo, questa storia  fa per voi.

Alle bambole, prima di essere incartate e donate, nessuno domanda cosa desiderano, e ai bambini? Sembra domandarsi l’autrice che scrive:

“Vorrei che non fossimo venute qui, disse Fiore.

Felicità sospirò e disse: “Nessuno ce l’ha chiesto.”

Anche ai bambini nessuno lo chiede. Nessuno aveva chiesto a Nona Fell se voleva essere mandata dall’India a vivere con suo zio e sua zia in Inghilterra.

Tutti le avevano detto che le sarebbe piaciuto, ma Nona diceva: “Non mi piace per niente.”

 

P.s. Resisterò alla voglia di costruire e arredare una casa delle bambole giapponesi come quella che hanno preso vita grazie ai tanti ragazzi citati alla fine del libro da Rumer Godden, dopo aver letto il libro e seguito i suoi suggerimenti?

Per ora sono motivatissima, e voi?

Buona lettura e buon divertimento,

Alessandra.

 

Il regalo della Madre Terra

Nessuna voce giunge più all’uomo da pietre, piante o animali, né l’uomo si rivolge a essi sicuro di venir ascoltato.
Il suo contatto con la natura è perduto e con esso è venuta meno quella profonda energia emotiva che questo contatto simbolico sprigionava.
( Carl Gustav Jung, L’uomo e i suoi simboli, Editori Associati, 1991).

In estate torno ad abitare la terra riscoprendo di appartenere a qualcosa che soltanto di sfuggita riesco a percepire, la natura mi rapisce e mi abbandono a una profonda sensazione di meraviglia e estasi, una specie di felicità mista alla tristezza.
Non esistono più il tempo e lo spazio e il quotidiano diventa un miraggio lontano.
Distante dai rumori del mondo ritorno a me stessa, in armonia con ogni cosa intorno a me, in comunione con piante e animali.
La Terra si fa musica e poesia, il corpo e l’anima trovano finalmente pace.

In questo stato d’animo, di puro incanto e turbamento la vado a cercare…

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Il regalo della gigantessa, testo di Guia Risari, illustrazioni di Beatriz Martín Terceño, Buk Buk, Trapani, 2015.

In un angolo del mondo, vive una donna, una gigantessa.
Nessuno sa esattamente dove, ma che esista non c’è dubbio.

Quando è triste e si lamenta “gli ululati del vento scuotono i boschi”, quando piange “piove a dirotto, i fiumi crescono e i mari si agitano in tempesta”.
Quando la gigantessa sbadiglia, soffia “un vento lieve” che riscalda i cuori.
La sua allegria contagia vecchi e bambini.
Quando ha sonno, il mondo intero si addormenta con lei, e si abbandona ai sogni più strani per risvegliarsi all’alba con la sua leggera carezza.

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Il regalo della gigantessa, testo di Guia Risari, illustrazioni di Beatriz Martín Terceno, Buk Buk, Trapani, 2015.

Chi l’ha ascoltata dice che ha una voce che racchiude in sé tutti i suoni del mondo.

C’è musica, brusio, scorrere delle acque, soffio di tramontana, brontolio di un temporale, scoppio di un vulcano, mareggiata, canto degli uccelli e silenzio.

E per andarla a cercare, ogni essere umano e animale si mette in cammino.

Senza che gli sia chiesto nulla, ogni cosa elargisce, come un dono prezioso.

La gigantessa accoglie e ascolta tutti, prestando attenzioni ai più fragili, a coloro che non parlano.

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Il regalo della gigantessa, testo di Guia Risari, illustrazioni di Beatriz Martín Terceno, Buk Buk, Trapani, 2015.

 

Ha una vista potente che supera le distanze e i vestiti spessi. Quelli che la trovano, li accoglie e li culla tra le braccia.
Per gli altri, nasconde parole e canzoni sotto le pietre, in un cespuglio, nel centro di una grotta, in fondo al mare.

 

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Il regalo della gigantessa, testo di Guia Risari, illustrazioni di Beatriz Martín Terceno, Buk Buk, Trapani, 2015.

Con un testo delicato e poetico, accompagnato da illustrazioni lievi ed evocative, Guia Risari e Beatriz Martín Tereceno, ci accompagnano verso la natura, facendoci sentire tutta la sua bellezza, la sua forza e il suo potere.
Offrendoci la possibilità di essere consolati  con un’opera che trae la sua energia creativa dall’osservazione del mistero della natura.

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Il regalo della gigantessa, testo di Guia Risari, illustrazioni di Beatriz Martín Terceño,  Buk Buk, Trapani, 2015.

 

Sogni con la coda, impronte sul cuore.

Se i cani potessero parlare …
Quante volte lo avete pensato o detto?
Almeno ogni volta che vi siete stupiti della loro empatia e dell’intensitá e forza del loro linguaggio non verbale.
In “Sogni con la coda”, Chiara Lorenzoni con i testi e MariaLuce Possentini con le illustrazioni, realizzano il sogno di molti amanti dei cani, quello di dar voce ai loro sogni, ai loro desideri.

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“Sogni con la coda”, testi di Chiara Lorenzoni, illustrazioni di Sonia MariaLuce Possentini, collana i Lapislazzuli, Edizioni Lapis, Roma, 2016.
Fin dalla copertina sappiamo che ovunque nel mondo c’è un cane che sogna, e se scientificamente sappiamo che i suoi sogni sono in bianco e nero, sappiamo anche che il  rosso della coperta sulla quale si abbandona, è il colore di quell’Amore che ognuno di loro desidera.
Fin dal risguardo l’intento dell’albo è chiaro e limpido, raccontare per sensibilizzare l’umanità  al rispetto di chi non ha voce, ma che ha lasciato  e promette di lasciar sempre un’impronta sul cuore.

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Penso a Chiara, l’autrice che a 33 anni ha lasciato la sua città natale Padova per trasferirsi nel sud, a Lecce, mi sembra di vederla in mezzo a tutti quegli scatoloni, i sogni le aspettative, volgersi verso il suo Lambru ( è così che lo chiamavi vero?) e dire “Andrà  tutto bene, vedrai” o a Sonia, l’illustratrice che al ritorno da ogni suo viaggio viene accolta ogni volta  da due code allegre e festanti.
Si dice che non esista un paradiso per i cani, si racconta che Roald Dahl, già scettico per natura, iniziò a dubitare della religione cristiana a causa di quello che la sua guida spirituale, Geoffrey Fisher, ex arcivescovo di Canterbury, gli disse a proposito.
Il suo biografo, Donald Sturrock, racconta che il giorno di Natale del 1970, dopo aver deposto alcune corone di agrifoglio sulla tomba di sua figlia Olivia, morta nove anni prima, Dahl spiegò alle due figlie più piccole, Ophelia e Lucy che non sapeva perché Dio aveva permesso che la loro sorella morisse, ma anche che il religioso gli aveva assicurato che Rowley, il loro cane adorato, non l’avrebbe raggiunta in paradiso.
“Volevo chiedergli come faceva a essere così sicuro che le altre creature non ricevessero il nostro stesso trattamento speciale, ma la piega di disapprovazione che aveva preso la sua bocca mi fermò. Me ne stavo seduto lì a chiedermi se quel grandioso e famoso uomo di chiesa sapesse davvero di cosa parlasse e se sapesse davvero qualcosa di Dio o del paradiso e, se no, allora chi ne sapeva qualcosa? E da allora in poi, mie care, mi sa che ho cominciato a chiedermi se esistesse davvero un Dio o meno”.
(“Roald Dahl, il cantastorie”, Donald Sturrock, traduzione di Barbara Sonego, Odoya, Bologna, 2010, pagine 300-301).
Io non lo so se esiste un paradiso per cani ma so che quando un cane ci lascia, le sue impronte si posano sul nostro cuore lasciando non solo ricordi ma un testamento che affonda le radici nell’antichità , in quel patto d’alleanza che nacque la prima volta che l’uomo incontrò il cane e che si rinnova ogni volta che s’incontrano di nuovo: un patto d’amore e di fedeltà, per cui quel cane in copertina rappresenta tutti i cani del mondo.
Tutti coloro che hanno un cane vorranno aggiungere la sua storia a quest’albo, dove pagina dopo pagina si susseguono tanti diversi cani, ognuno con una sua storia.

C’è Nina che serena, stretta tra i suoi fratelli, fa “sogni cuccioli, dolci, tiepidi e profumati di latte” e c’è Rollo che nostante la vita agiata di notte sogna “covoni in cui infilarsi, pozze di fango in cui rotolarsi, lucertole da annusare e un asino col naso bianco per amico”.

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C’è Teo che è stato abbandonato e non ha più niente, “nemmeno più un nome” quel nome che sogna, “nuovo di zecca, che profumi di casa”, c’è Aramis che nonostante la vecchiaia sogna ancora “di inseguire una pigna lanciata lontano, di scavare sotto l’albero in giardino, di correre sulla sabbia abbaiando alle onde…” ma soprattutto di far “scappare il postino”.
Mi sembra di sentirvi dire, anche il mio fa così , e poi e poi…vedervi accorciare il guinzaglio, avvicinarvi al vostro cane come a proteggerlo, davanti a una cane grande e grosso, dall’aspetto che incute timore, da un cane come Zak, che “guarda fuori dal cancello, un punto lontano. Abbaia, abbaia, abbaia. Abbaia sempre. Qualcuno dice che è un cane cattivo” e invece “Zak sogna di smettere di avere paura”.

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E poi c’è Frida, che proprio come Pepe, il mio Labrador, rimane molte ore a casa da sola. Frida si annoia e va a “caccia di calzini”, non importa quali, “Frida adora i calzini, le piacciono tutti”  in fondo cosa c’è di più confortevole di un morbido cuscino che racchiude il calore e l’odore del tuo migliore amico, per poggiare la testa e sognare la vita “dopo le cinque del pomeriggio”?

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Lasciò a voi scoprire gli altri protagonisti di questo eloquentissimo albo,  entrare in punta di piedi nei nei loro sogni e  pensarne altri.
Perché qui accanto a me c’è un cane che non dorme e che non trova pace fino a quando non vado a sedermi accanto a lui, per potersi finalmente assopire e sognare quei sogni che ogni cane fa, mangiare, correre, e giocare ma soprattutto stare “insieme per sempre”al suo migliore amico.

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Prima di salutarvi, vi consiglio di osservare le code dei cani, una parte essenziale del loro corpo, utile per svolgere determinati lavori ma soprattutto per esprimersi, un misto di linguaggio istintivo e segnali intenzionali.
Noterete che non sempre è semplice interpretarne i segnali, soprattutto a causa dei differenti tipi di coda, ci sono quelle più ricurve difficili da leggere perché hanno movimenti più limitati ma ci sono anche quelle più semplici da capire grazie all’attaccatura molto larga.
Ma una coda allegra è facile da riconoscere per qualsiasi padrone, e se saprete ascoltare i sogni dei vostri cani, se avrete capito cosa conta veramente per loro, allora quando quelle code gireranno vorticosamente, nelle vostre orecchie sentirete risuonare le note dell’Inno alla Gioia o della Marcia di Radetzky e saprete che quel paradiso esiste, in cielo e in terra.

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Un immenso grazie a Chiara Lorenzoni e Sonia MariaLuce Possentini per aver dato voce ai sogni impalpabili dei nostri amici a quattro zampe, con poesia, delicatezza e grazia, la stessa che certe impronte lasciano nel cuore.

Di Madre in figlia: le dee dentro la donna

“Era una graziosa signora, con un cervello romantico […] era come quelle minuscole scatole, una dentro l’altra che vengono dall’oriente misterioso, e benché tu ne scopra molte ce n’è sempre ancora un’altra; e sulla bocca gentilmente ironica c’era un bacio che Wendy non poteva mai prendere, benché fosse là, perfettamente visibile all’angolo sinistro. Il signor Darling […] ottenne tutto da lei, meno l’ultima scatola interna e il bacio”.

(J.M. Barrie, Peter Pan e Wendy, in J.M. Barrie, Peter Pan, traduzione di Milli Dandolo, Einaudi, Torino, 2015, pag. 73).

Cosa rappresenta l’ultima scatola interna ed il bacio che la signora Darling, la madre di Wendy, colei che sebbene non possa più lasciarsi andare alla fantasia per volare via con Peter Pan, anche una volta diventata madre è capace di capire il suo mondo?

L’ultima scatola e il bacio simboleggiano la creatività femminile, la natura profonda e selvaggia della donna. Un archetipo al quale connettersi per essere completamente integre, autonome e di sostegno per gli altri.

Una donna consapevole dell’esistenza di un legame primordiale con una natura provvidenziale a cui affidarsi, conscia dei cicli vitali, rappresentati dalla luna: è nel divenire infatti che si esplica la vita, solo crescendo e invecchiando, si può lasciar fluire la vita.

La signora Darling lo sa, come lo sa ogni madre. Ma è anche consapevole del fatto che prima di diventar madre bisogna evolversi come donna, accettando non solo  i cambiamenti fisici ma anche riconoscendo le diverse nature che albergano nella sua indole più profonda.

Riflessioni queste, nate durante il viaggio da Bologna a Roma, sul Freccia Rossa che mi riportava a casa dalla Bologna Children’s Book Fair, conclusasi da pochi giorni.

Tra le mani un albo illustrato di grande formato in lingua spagnola:

 

Madre

 

Madre, entre el sol y la noche, testo di Stéphane Servant, illustrazioni di Emmanuelle Houdart, traduzione dal francese di Luisa Antolin Villota, edito da Libros del Zorro Rojo.

A far scattare in me il desiderio di averlo, sono state le illustrazioni imponenti dai colori accesi di Emmanuelle Houdart che elegantemente si dispiegano su due pagine, ricchissime di dettagli, e la presenza dell’elemento naturale che con forza, dolcezza e complessità invade letteralmente la scena. Una Natura dirompente che dall’esterno sembra valicare i confini corporei per animare l’interiorità della protagonista: la Madre.

Una Madre che appare come una figura mitologica nella sua natura metamorfica, ben resa dalle maestose illustrazioni e dal testo delicato e poetico sussurrato da una bambina, sua figlia.

Tutto ha inizio nel risguardo iniziale: in un nido di ramoscelli intrecciati , la madre racconta  a sua figlia una storia, quella che si ripete uguale da migliaia di anni, di generazione in generazione, di madre in figlia.

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“Mi madre tiene el corazón entre el sol y la noche”.

“Mia madre ha il cuore tra il sole e la notte”.

Ogni storia è un viaggio, e pertanto comporta partenze e ritorni, separazioni e riunioni, anche quando queste riguardano soltanto il cuore, conteso tra il sole e la notte, la luce e il buio, la dolcezza e l’angoscia.

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Ed è così che inizia la storia, la verità che la figlia deve sapere.

Con un’illustrazione che mostra la Madre in partenza, armata di ferri, gomitoli di lana e una spada, come ad intrecciare i fili di un’esistenza da tessere e pronta a battersi contro le difficoltà che incontrerà fuori e dentro di se.

La lana rosa e verde, così come i rocchetti di filo sono già stati usati per cucire le vesti della bambina, creando un legame tangibile e indissolubile.

Lo sguardo chino su sua figlia, carico di parole rassicuranti, sembra dire “devo andare”.

Si percepisce l’esigenza di allontanarsi per inseguire la propria natura, i propri istinti.

La bambina sembra ascoltare e comprendere, mentre riceve una bambola in dono, offre a sua volta una lanterna affinché rischiari e illumini quel cammino, quello stesso fuoco che nel libro La strada di Comarc McCarthy, il padre afferma che saprà salvarli:

“Ce la caveremo, vero, papà?
Sí. Ce la caveremo.
E non ci succederà niente di male.
Esatto.
Perché noi portiamo il fuoco.
Sí. Perché noi portiamo il fuoco”.

(Comarc McCarthy, La strada, traduzione di Martina Testa, Einaudi, Torino, 2010).

La partenza della mamma le incute paura e tristezza, sensazioni che affiorano sul suo viso condensandosi in una lacrima che ha il colore dei suoi occhi, di quelli di sua  madre, dell’acqua sorgente di vita.

 Intorno a loro, la natura, a sinistra colorata e fiorita come la vita già vissuta, a destra ancora tutta da dipingere.

“Resplandeciente como la luna. Sombrío como el ala de un cuervo”.

“Luminosa come la luna. Cupa come l’ala di un corvo”

è la natura della donna che nonostante sia diventata una madre amorevole e protettiva non può sottrarsi alla sua essenza, a volte misteriosa e sfuggente, a volte inquieta e selvaggia.

Una donna che non può sfuggire alle molte dee che si fronteggiano e avvicendano all’interno di se.

“Mi madre tiene el amor a flor de piel. Un jardín entero”.

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La madre è un giardino intero in cui fiorisce l’amore, ma dove crescono anche i cardi e altre piante selvatiche. Bisogna imparare l’arte del giardinaggio per rifugiarsi e godere di tanta bellezza ma anche per evitare di graffiarsi e farsi male.

Intelligente e forte, la Madre può assumere ora le sembianze di una volpe ora quelle di una lupa. Può dispiegare le ali per librarsi in aria e innalzare un canto di gioia al cielo, come gli uccelli nelle selve più oscure, memori di legami arcaici indistruttibili. Ma può anche ripiegare le ali per star dentro ad una triste e angusta gabbia.

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Al di là dei ruoli stereotipati che siamo abituati ad attribuire ad una madre, questo albo ci restituisce una Madre a tutto tondo, con la stessa forza e carica evocativa proprio delle fiabe, eloquenti e liberatorie.

Soltanto connettendosi con i modelli archetipici che la influenzano dall’interno, la donna può sottrarsi alle inevitabili dicotomie che da sempre la imprigionano.

Ma non solo, mostrandosi a sua figlia, integralmente e nella sua complessità, potrà trasmettergli la possibilità di vivere più pienamente in quell’universo molteplice è variegato che è la psiche femminile:

luminosa come la luna, oscura come le ali di un corvo.

Fuggire per ritrovarsi, abitare se stesse per appartenersi e donarsi. Raccontare che nessuna partenza è per sempre, che ogni separazione conserva il ricordo di un legame, al quale ricongiungersi ogni volta interamente, come Donna e come Madre.

“No tengas miedo, me dice mi madre. Cuando tú naciste me tatué en el corazón un canto de pájaro, tu primer grito, una estrella de rocío. Tu cara adorada”.

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Non avere paura… 

Dice la Madre alla figlia, e con quest’albo illustrato dove il rapporto dialettico tra parole e immagini  è fondamentale per capire pienamente il messaggio ivi contenuto, potrete farlo anche voi.

Si mormora infatti che i libro sia di imminente pubblicazione in Italia per opera dell’editore Logos, che ha già pubblicato altre opere illustrate da Emmanuelle Houdart.

Buona Domenica, Alessandra.

 

 

 

 

 

I Care : ho a cuore, ci tengo, m’interessa.

Sul finire dell’estate, in una domenica mattina, mentre c’è ancora chi approfitta di un giorno di vacanza, e chi invece preferisce scegliere un diario scolastico, non posso non pensare alle polemiche sulla ” Buona Scuola” e sulla “Teoria dei Gender”.

Il mio pensiero si posa ora sui bambini e i ragazzi, sulle loro esigenze, ora sulle famiglie, impegnate nel difficile compito di essere genitori amorevoli e guide educative, ora sugli insegnanti, nei loro molteplici ruoli.

Cerco di visualizzare un punto d’incontro immaginario, dove tutti possano prendersi per mano.

Un motto viene in mio soccorso, e poi una canzone, un video.

Ecco, in questa mattina d’agosto, non importa dove siate fisicamente, senz’altro in quella che per Rodari era “Una scuola grande come il  mondo”, voglio starvi vicino a modo mio.

Questa canzone è per voi, che al di là di qualsiasi polemica avete a cuore LA SCUOLA e la sua funzione, ma prima di tutto loro:

unici e speciali, i nostri BAMBINI e RAGAZZI:

Tratta dall’album di Aleandro Baldi , “Il meglio e il nuovo questa bellissima canzone, dedicata a Don Milani, s’ intitola:

“I Care”.

Mentre l’ascolto, il CORO DI VOCI da senso ai miei pensieri.

Trascrivo qui il testo, se vi viene voglia di cantarla con me:

I Care

Cari ragazzi sono qui, sono tornato,
chiamate tutti gli altri, suonate la campana,
oggi riapre la scuola di un povero curato,
un certo Don Milani mandato qui a Barbiana.
Anche se col tempo voi siete un po’ cambiati
ed i miei occhi non son più quelli di allora
e se i vostri ginocchi non sono più sbucciati,
stonati canteremo quella canzona ancora?
i care, i care,
c’e bisogno che io abbia cura di te,
you care, you care,
c’e bisogno che tu abbia cura di me,
i care, i care
e solo un modo per dire che d’ amore ce n’e
un bisogno più forte, il più forte che c’e,
i care, i care, i care.
Apriamo quella porta, risistemiamo i banchi,
spolveriamo i quaderni, rileggiamo gli appunti,
forza miei giovani studenti dai capelli bianchi,
perché quello che conta e non darsi mai per vinti.
Il mondo e un po’ più ricco, la vita e sempre dura
e in questa catapecchia attaccata al monte Giovi
c’e ancora la canzone della nostra bocciatura
che insieme cantavamo per non sentirci soli?
i care, i care,
c’e bisogno che io abbia cura di te,
you care, you care,
c’e bisogno che tu abbia cura di me,
i care, i care
e solo un modo per dire che d’ amore ce n’e
un bisogno più forte, il più forte che c’e,
i care, i care, i care.
Qui dove sono adesso non e così lontano,
non fosse per il fatto che mi mancate tanto,
Dio, pur di star con voi rinuncerei anche al perdono
e Dio lo capirebbe, di questo son convinto,
parola mia d’amore parola mia?Lorenzo.
I care, i care,
c’e bisogno che io abbia cura di te,
you care, you care,
c’e bisogno che tu abbia cura di me,
ragazzi sono qui, sono tornato,
ma lo sapete bene che non sono mai partito
che non sono mai partito?.i care.
I care, i care,
c’e bisogno che io abbia cura di te,
you care, you care,
c’e bisogno che tu abbia cura di me,
i care, i care, c’e bisogno che io abbia cura di te?

Buona Domenica Amici.

Tata Libro

Vorrei un tempo lento per “Noi”.

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“Vorrei un tempo lento” per vivere intensamente ogni istante, per avere l’opportunità d’incontrare l’altro e anche me stessa.

Vorrei poter perder tempo per ascoltare ciò che dice il silenzio, per osservare quello che la luce illumina.

Vivere libera dai ritmi frenetici, che rendono ciechi e sordi di fronte al bene più prezioso: la vita.

Sporcarmi le mani di terra per scavare, cercare, trovare tesori nascosti.

Proprio come fa Occhione, il protagonista di “Noi” che : “scava, scava, scava…Un buco al giorno.”

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Il suo sguardo attraversa lo spazio della pagina con forza, ti costringe a fermarti, a guardarlo e a guardarti dentro.

I suoi occhi sono diversi, uno “normale” l’altro gigante, fatti per osservare ed essere osservato .

Una strada a più sensi, tra lui e noi e viceversa, tra noi e noi, tra quello che siamo e quello che potremo essere per gli altri.

Chi è Occhione se non un bambino?

Che cos’ è un bambino?

“Un bambino è una persona piccola” direbbe Beatrice Alemagna.

Con le sue domande, le sue paure, la sua voglia di conoscere il mondo.

Occhione, in fondo, non è differente dagli altri bambini, ai quali può capitare di sentirsi diversi, derisi, esclusi.

Quando le diversità spinge ai margini, si è costretti ad inventare un mondo fantastico, amici immaginari, una vita parallela.

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“Un mezzo riccio: è la corona di Re castagna,

che vive e regna nel bosco qui vicino.

Una conchiglia: è lo scudo di Capitan Nettuno,

Che dal mare è risalito lungo il fiume.

Una piuma grigia: è il mantello di Super Tortora.

che vede tutto dall’alto degli alberi.”

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Occhione è un bambino che ha bisogno come gli altri bambini di amici ai quali mostrare i propri tesori.

Di amici con i quali parlare “di tutto, del mondo, del cielo, del mare, di noi, degli altri…”

Ma soprattutto di ridere, giocare e sporcarsi le mani per conoscere e per conoscersi.

Vorrei poter riconoscere Occhione quando l’incontrerò sul mio cammino, ed aiutarlo a mostrarmi quelli che sono i suoi tesori.

Una storia da leggere insieme ai vostri bambini, senza la necessità di dover spiegare o istruire, ma lasciando che si dispieghi naturalmente, come una scoperta spontanea.

Una storia per rallentare insieme, per prepararsi a un incontro con un nuovo amico, da osservare, ascoltare, conoscere, per crescere insieme.

Di seguito le indicazioni bibliografiche del libro di cui vi ho parlato e degli altri nominati:

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Noi

Elisa Mazzoli, Sonia MariaLuce Possentini

Bacchilega Junior, 2013

+ 5 anni

Per un esauriente sinossi del libro, e per le informazioni relative all’autrice e all’illustratrice, vi consiglio di leggerlo nel

Blog della Cooperativa il Mosaico.

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Vorrei un tempo lento

Lunigiana del Gobbo, Sophie Fatus

Lapis, 2014

+ 3 anni

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Ascolta, il silenzio

Maria Loretta Giraldo, Nicoletta Bertelle

Il Gioco di Leggere, 2015

+ 4 anni

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Che cos’è un bambino

Beatrice Alemagna

Topipittori, 2008.

+ 5 anni

Nuova veste grafica e un piano per Tata Libro!

Oggi sono felicissima di presentarvi il mio Blog che dopo un lungo periodo di prova, ha trovato finalmente la sua strada.

Quando è iniziata l’avventura di Tata Libro, non avevo un piano, ma solo il desiderio che i miei consigli da libraia, oltrepassassero lo spazio della libreria e arrivassero ad un pubblico più ampio.
L’entusiasmo che mi coglie, infatti,  quando m’innamoro di un libro è straripante, difficile da contenere, e il Blog , in questo senso, ha rappresentato una vera e propria salvezza.
Ma non è tutto qui…
Spesso in libreria, quando qualcuno mi chiede: “Ma se fosse per suo figlio? Lei quale sceglierebbe?”. Non ho figli, ma, l’infinito amore che provo per la lettura, la fiducia che nutro nel suo valore, nonché la responsabilità che sento di avere, nei confronti dei giovani lettori, mi spinge sempre a consigliare quello che ritengo sia il meglio, nell’infinito mare della produzione di libri.

Tata Libro mi ha offerto, quindi, la possibilità di dar voce non solo alle mie preferenze, ma anche di orientare chi si prende cura dell’educazione di bambini e ragazzi. 

A guidarmi, la mia esperienza da lettrice e da libraia, ad ispirarmi Pepe, il mio cane.

Mi sono resa conto, però, che nonostante i miei buoni propositi, il Blog aveva bisogno di una struttura più razionale e funzionale ma anche di uno stile più riconoscibile.

Così ho chiesto aiuto ad una cara amica, una grafica professionista, per trasformarlo in uno spazio decoroso, fresco e gentile.

Lei è Marcella Mormino, autrice di Il Mondo di Mamo e del blog Mamma Mamo.

Perché a lei? Perché mi piace il suo stile allegro, semplice, colorato e garbato. Ma soprattutto perché mi fido di lei, della sua capacità di ascoltare e sentire l’altro, della pazienza e dell’amore che mette nel suo lavoro.
Abbiamo lavorato insieme, fianco a fianco. Mentre io esprimevo me stessa e i miei desideri, lei li traduceva in disegni e colori, dando vita a quelle che sono molto di più che semplici illustrazioni, ma il frutto di una collaborazione intensa ed emozionante.

E così dopo aver scelto un nuovo tema, ha preso vita la copertina e le rubriche, che sono contenitori congeniali, per le tematiche  che intendo affrontare.

Le nuove rubriche che potrete consultare sono:

L’isola del Tesoro

L’arca di Pepe

Il giardino di Tata e Pepe

Il gruppo di lettura LIA di Roma

All’ interno di ognuna, potrete trovare una breve descrizione accompagnata da un’illustrazione, che introduce la tematica e il tipo di articoli che troverete al suo interno.

Tutti i post scritti fino ad ora saranno consultabili negli archivi. Aggiungerò alle rubriche solamente quelli che reputerò pertinenti.

Spero che il nuovo Blog vi piaccia e possiate provare quella sensazione,  di calma e serenità,  che provo io mentre scrivo.

Buona lettura Alessandra

La libreria di Pepe: un Ex libris fa la differenza!

Pepe

Buonasera amici,

volevo aggiornarvi su come procede l’avventura,

di costruire la mia libreria.

https://tatalibro.com/2014/02/06/la-libreria-di-pepe-futuro-reader-dog/

Ho convinto Tata a liberare degli scaffali della sua libreria

per fare spazio ai miei libri,

così da poterli tenere in ordine.

Per non confonderli con i suoi

ho deciso di personalizzarli,

con delle apposite etichette decorate:

gli Ex libris.

Ne ho trovati bellissimi sul sito della scrittrice Anne Fine,

My Home Library: Every one needs a Home Library

Sono disegnate da illustratori famosi,

del calibro di Quentin Blake, solo per citarne uno.

Ce ne sono per tutti i gusti,

di diversi formati,

a colori o in bianco e nero,

e con tanti soggetti differenti.

Io ho scelto questa perchè mi sembrava la più adatta:

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Vi piace?

Se vi interessa ci sono anche etichette

per personalizzare i libri ricevuti in regalo,

come questa:

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Che ne dite?

Perchè non provate a sceglierne una anche voi?

Se volete potete anche solo ispirarvi e crearle da soli!

Ora vado a stampare e a ritagliare le mie!

A presto Pepe.

Labrador

“I ragazzi che leggono vivono tante vite”

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Questo è  il titolo dell’articolo, pubblicato il 14 dicembre 2013, su il settimanale D la Repubblica,

in cui Umberto Galimberti risponde a una adolescente

che ama leggere e che sogna

di far innamorare della lettura

anche coloro “che pensano che i libri non servano a niente“.

Così scrive la ragazza:

Purtroppo in questa generazione i libri sono l’ultima cosa a cui pensare.

C’è troppa tecnologia che ci sta lentamente divorando.

Non c’è più contatto umano.

Le persone passano il loro tempo su facebook e i vari social network e nessuno legge più.

Nella mia classe, e siamo in un liceo classico, su 24 alunni, solo 4 leggono libri.

Sono terrorizzata da questi dati. Vorrei che tutti riscoprissero l’amore per la lettura.

Io nel frattempo attendo e custodisco i miei segreti in una bottiglia di metallo, sperando che un giorno si avverino.

E lotterò per farli avverare.

Come lettrice, ho condiviso le paure e le speranze di questa giovane

e ho trovato una gran consolazione nella lettera di risposta di  Umberto Galimberti,

che riporto integralmente, a beneficio di tutti quelli che non hanno avuto modo di leggerla, a suo tempo:

“Mi piace dar voce alle lettere che ricevo agli adolescenti,

perché a differenza degli adulti che si lamentano, recriminano o accusano, spesso giustamente,

gli adolescenti descrivono la loro condizione, oppure lanciano progetti per il futuro.

E ascoltarli nel loro fantasticare e progettare il futuro non deve scatenare,

come puntualmente accade nelle lettere che ricevo, la reazione degli adulti che li accusano di ingenuità.

Gli adulti conoscono il tempo che hanno vissuto,

ma non conoscono, come gli adolescenti, il tempo che verrà, e che comunque è loro.

Così, ad esempio, ci sono degli adolescenti che scrivono meglio dei loro professori.

Come può accadere questo?

Hanno letto più libri di loro.

Ci sono degli adolescenti che conoscono i sentimenti in tutte le loro sfumature.

Chi glieli ha insegnati?

I libri che hanno letto.

Ci sono degli adolescenti che non si annoiano perché,

attraverso i libri,

 hanno scoperto quanti percorsi fantastici la vita può offrire,

e non hanno bisogno di droghe per fare “un viaggio” fuori della quotidianità.

Ci sono infine degli adolescenti che, 

grazie ai libri che hanno letto,

non drammatizzano le sofferenze che incontrano nella vita,

non si abbandonano agli amori con l’ingenuità di chi conosce solo la passione del momento.

Sanno quanto è vasta e articolata la gamma dei sentimenti,

quanto ampia la costellazione delle idee per perdersi nella prima passione che li assale

o nella prima idea fissa che li tormenta.

Non sono per questo immuni dall’ inquietudine dell’adolescenza

e neppure sono divenuti adulti troppo precocemente.

Grazie ai libri,

hanno semplicemente offerto alla loro mente e al loro cuore tanti percorsi che,

senza libri, non avrebbero conosciuto,

e così hanno evitato l’afasia del linguaggio,

l’atrofia dei sentimenti, la povertà della fantasia che, 

anche quando è appena abbozzata, contiene quasi sempre un progetto di vita.

Questi sono i doni della lettura,

che diventa una compagna di viaggio.

solo per chi comincia a frequentarla da bambino.

Si illude infatti chi dice:

” Leggerò quando sarò in pensione”,

perché se non ha incominciato da bambino, 

non leggerà mai.

La scuola deve impegnarsi a far leggere ai ragazzi, oltre ai libri scolastici, tanti altri libri,

perché è impensabile che, in una classe di liceo di 24 studenti, solo 4 leggano.

Senza esitazione possiamo dire che gli altri 20 sono già persi,

anche se verranno promossi.

Perché l’educazione della mente e del cuore 

non avviene con il superamento di un corso di studi,

ma con la frequentazione appassionata di tutti i sentieri che la vita dischiude

e che la buona letteratura sa indicare e descrivere.

 Sono sicura che molti di voi sapranno lasciarsi ispirare dalle parole di Galimberti,

e che nonostante tutte le difficoltà possiate non desistere mai

dal provare a contagiare i vostri bambini

di questo immenso dono che è il piacere di leggere.

Proviamoci insieme!

Tata Libro

Il mondo è la mia casa.

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Questa è la mia casa LA CASA DOV’E’

la casa dove posso portar pace

Io voglio andare a casa la CASA DOV’E’

Questa è la mia casa LA CASA DOV’E’

la casa dove posso stare in pace con te.

Cantava Jovanotti in una celebre canzone degli anni ’90,

chiedendo al “signore dell’universo“,

di mostrare la strada di casa, a “un figlio disperso“.

Ecco io sono fortunata perché avendo un cane,

con il bello ed il cattivo tempo,

in qualsiasi stagione,

sono costretta ad uscire e avventurarmi in mezzo alla natura.

Ora con passo veloce, ora con passo più lento,

mi ritrovo a contemplare le bellezze della natura,

a commuovermi e a sentirmi in pace con me stessa e gli altri.

Anche se vi potrà sembrare banale o scontato,

se volete che i vostri bambini

possano sentirsi veramente a casa in questo mondo,

che possano godere dello splendore del sole e delle stelle,

comprendere l’utilità dell’acqua e del fuoco,

del bello e del cattivo tempo,

e sentirsi sempre

in pace con se stessi e gli altri,

portateli fuori più spesso e raccontategli di quel semplice frate,

di nome Francesco,

che con il cuore pieno di gioia compose Il Cantico delle Creature.

Se volete potete aiutarvi con questo bel libro illustrato,

con il testo del Cantico e la musica di Angelo Branduardi:

image

Francesco d’ Assisi,

illustrazioni di Mauro Evangelista,

musica di Angelo Branduardi,

Gallucci, 2009

+ 6 anni.

A voi lascio invece questo video,

in cui la bellezza della musica avvolge ogni frase di pura magia.