Da quando ho letto il libro Bambole Giapponesi, di Rumer Godden, pubblicato da Bompiani quest’anno, qualcosa che si era assopito da un po’, si è smosso dentro di me.
Si tratta di una piccola perla pubblicata dalla casa editrice, da poco rilevata dal Gruppo Giunti, in una collana che gli calza a pennello, “AsSaggi.”
Il libro fa infatti venir voglia di tante cose, per primo di conoscere meglio la storia di Nona, una bambina di otto anni rimasta orfana, costretta a tornare in Inghilterra dall’India, paese che amava profondamente e che aveva sempre sentito come la sua CASA.
Di sapere di più delle due bambole giapponesi, simili ma diverse, Felicità e Fiore che dopo uno scomodo viaggio, arrivano tra le mani di Nona, come dono di una zia.
Ma anche di sapere di più sull’autrice, sulle tradizioni giapponesi e in particolare sulla storia e i riti che riguardano le bambole e i giardini, e su come si costruisce una casa adatta a loro.
Si tratta di un libro che uscì in Inghilterra nel 1961, illustrato da Jean Primrose e pubblicato da Macmillan.
L’autrice inglese, Rumer Godden, passò un’infanzia spensierata e gran parte della sua vita in INDIA, dove aprì una scuola di danza per bambini inglesi e indiani in cui lavorò per vent’anni con la sorella. Da adulta tornò a vivere in Inghilterra scrivendo opere teatrali, poesie e romanzi per adulti e ragazzi.
L’interesse per la letteratura per bambini la portò a scrivere molti libri per loro, e anche una biografia di Hans Christian Andersen, e a compilare un’edizione per bambini delle poesie di Emily Dickinson e a tradurre due raccolte di versi del poeta francese Carmen Bernos de Gastold.
E’ morta nel 1998.
In italiano la Bompiani ha pubblicato Narciso nero, Il fiume e La bambina selvaggia.
Il titolo originale del libro è Miss Happiness and Miss Flower.
Bello, vero?
Io l’adoro e anche il libro.
Tanto.
E’ la storia come vi dicevo di Nona che nonostante la gentilezza degli zii che l’accolgono premurosamente nella propria casa, fa fatica ad ambientarsi e a convivere con i cugini, in particolare con Belinda, che si dimostra fin da subito gelosa della nuova arrivata e dal temperamento impulsivo.
Nona poteva ben capire come si sentissero le bambole, sradicate dal loro paese, il Giappone, senza una CASA accogliente.
“É strano e freddo. Lo sento dalla scatola, ” disse Fiore, e gridò:
“Nessuno ci capirà, nessuno saprà cosa vogliamo. Oh, nessuno ci capirà mai, ancora una volta.”
Motivo per il quale la bambina decide di costruire e arredare una CASA per bambole giapponesi.
Ma come? Dove trovare le istruzioni?
Con quali materiali? Con l’aiuto di chi?
A questo proposito i libri giocheranno un posto di primo piano.
“Nona non era sicura ma, come sapete, leggeva sempre, e forse in una storia che parlava di bambini giapponesi o in un libro di geografia le era capitato di leggere…”
Ma non solo.
Ci vorrà un maschietto che non si spaventa di fare una cosa reputata a quei tempi da “femmine”, come costruire una casa delle bambole, un libraio che conosce il valore terapeutico dei libri e del gioco, e la complicità degli adulti.
Certo che sembrerebbe strana l’idea di costruire una storia su delle bambole così “strambe”, che “non si siedono sulle sedie” e che vengono da lontano, da un altro paese con una propria storia e tradizioni, come la Festa delle Bambole, se non fosse che nel 1926, più di 12000 bambole occidentali vennero spedite dai bambini americani ai bambini giapponesi, come segno di amicizia. E, in segno di riconoscenza, 58 bambole ambasciatrici, vestite in bellissimi kimoni, arrivarono in America.
In Giappone la tradizione legata alle bambole è antichissima e affascinante, il 3 marzo di ogni anno si celebra l’Hinamatsuri, la Festa delle bambole o delle bambine. Le O-hina, bambole che indossano un kimono di seta, vengono posizionate su una piattaforma speciale a gradini.
In passato si pensava che queste fossero in grado di assorbire malattie e spiriti maligni e che attraverso una cerimonia detta hina-nagashi ( bambola fluttuante) venissero lasciate andare sul letto di un fiume, affinché portassero via ogni male e negatività e le bambine potessero crescere sane e belle.
Potete trovare nell’articolo che allego qui un bellissimo approfondimento sulle bambole giapponesi e sulla storia del libro.
https://kirakiraehon.com/2017/05/14/bambole-giapponesi/
Una bella storia dalla prosa garbata, chiara e scorrevole, di cui non voglio volontariamente svelare molto, che vi farà venire voglia di sapere tutto sul Giappone, sulla Festa delle Stelle, su come costruire una casa delle bambole e di leggere libri di viaggio.
Vi dirò solo che se come Nona, vi siete sentiti almeno una volta nella vita: perduti, soli, abbandonati e costretti a ricominciare tutto daccapo, se vi siete sentiti diversi, chiusi in un silenzio inverosimile rispetto all’energia chiassosa del mondo, questa storia fa per voi.
Alle bambole, prima di essere incartate e donate, nessuno domanda cosa desiderano, e ai bambini? Sembra domandarsi l’autrice che scrive:
“Vorrei che non fossimo venute qui, disse Fiore.
Felicità sospirò e disse: “Nessuno ce l’ha chiesto.”
Anche ai bambini nessuno lo chiede. Nessuno aveva chiesto a Nona Fell se voleva essere mandata dall’India a vivere con suo zio e sua zia in Inghilterra.
Tutti le avevano detto che le sarebbe piaciuto, ma Nona diceva: “Non mi piace per niente.”
P.s. Resisterò alla voglia di costruire e arredare una casa delle bambole giapponesi come quella che hanno preso vita grazie ai tanti ragazzi citati alla fine del libro da Rumer Godden, dopo aver letto il libro e seguito i suoi suggerimenti?
Per ora sono motivatissima, e voi?
Buona lettura e buon divertimento,
Alessandra.